In un articolo pubblicato nella rubrica pediatrica del Corriere della Sera, si parla di “come disabituare i bambini al cibo-spazzatura”. E’ un tema che merita attenzione, perché sono tanti i bambini che, per problemi di peso o di salute, devono abbandonare le proprie abitudini e imparare a mangiare in modo completamente diverso. Immaginiamo questo passaggio come una specie di ri-svezzamento.

Il risvezzamento è una fase traumatica per tutta la famiglia, perché il bambino che mangia male (scusate la grossolana semplificazione) non è altro che la cartina di tornasole di un “problema” famigliare, talvolta circoscritto alla sola nutrizione, ma spesso più complesso, con una profonda eco nelle relazioni, nei valori e negli affetti. Per questo motivo, quando il medico impone il cambiamento, i genitori hanno bisogno per prima cosa di essere aiutati e incoraggiati, affinché possano affrontare meglio le difficoltà, gli ostacoli e i sensi di colpa che dovranno inevitabilmente sopportare.

Per cambiare ci sono due strade, ma la prima – fatta di regole rigide, divieti e nozionismo – è solo una scorciatoia e non porta lontano. Ecco, in breve, alcuni errori frequenti:
– ricorrere alle diete
– usare i cibi grassi e dolci come rara e “preziosa” ricompensa
– dire ai bambini che dolci e grassi fanno male o, peggio ancora, che fanno ingrassare
– dire ai bambini che frutta e verdura vanno mangiate solo perché “fanno bene”
– non essere modelli credibili (quando noi per primi mangiamo i cibi “vietati”)
– preparare pasti differenziati per i diversi commensali
– non lasciare che i bambini si servano da soli
– usare cibi e bevande per consolare
– non essere autorevoli e delegare alla scuola o al medico la responsabilità delle nuove abitudini alimentari (“non è colpa mia, l’ha detto il dottore”)
– fare della tavola un luogo di conflitti e doveri
– fare noiosi discorsi su vitamine, fibre, proteine e piramidi alimentari.

La seconda strada, quella che potrà meglio mettere Cappuccetto Ghiotto al sicuro dal lupo cattivo del sovrappeso (travestito non da nonna ma da patatine, pizzette e bibite dolci) è lunga e tortuosa, ma bellissima, perché è la strada della cultura del cibo. Il cibo di qualità, infatti, non va proposto ai bambini perché “fa bene”, ma perché ha profumi e consistenze interessanti, perché è piacevole da toccare, perché custodisce storie e tradizioni che ci appartengono, perché racconta di paesaggi meravigliosi, che vale la pena conoscere e visitare insieme.

Ecco dunque qualche consiglio pratico, che speriamo che possa essere utile:

1. Il primo passo che noi genitori possiamo fare è quello di guardare indietro e riappropriarci della cultura alimentare della nostra famiglia d’origine e delle terre dalle quali proveniamo. Cosa e quanto mangiavano i nostri nonni? Anche se oggi non ci sono più, loro hanno ancora delle lezioni di vita da regalarci, prima tra tutte la moderazione, la misura. Il nostro dovere, come in una staffetta, è quello di raccogliere il loro testimone e passarlo alla nuova generazione come un dono. Ecco che la tavola può cominciare a colorarsi di nuovi piatti e di racconti.

2. Il secondo passo è quello di concedere a tutta la famiglia il lusso della bellezza a tavola (la cultura della convivialità). Apparecchiamo con ordine e buon gusto, chiediamo ai bambini di sedersi a tavola puliti, vietiamo parolacce e rumori sgradevoli, aiutiamoli a mangiare con lentezza, per trarre piacere da ogni boccone, rimandiamo le discussioni ad altri momenti e concediamoci una tregua: trasformiamo la tavola in un momento d’incontro. Molti bambini in sovrappeso hanno l’abitudine di mangiare in fretta e fare grandi bocconi: chiacchieriamo con loro, in modo che facciano pause e respirino meglio mentre sono a tavola. Mangiamo con gli occhi e con l’olfatto, non solo col gusto. Serviamo solo acqua, perché le bibite non si sposano bene con i sapori del buon cibo che abbiamo preparato. Quando i bambini saranno ragazzi, allora potranno a poco a poco imparare ad accompagnare il pasto con un bicchiere di vino. Ricordiamoci che l’Italia è la terra della cultura del cibo: noi siamo gli “inventori” del barolo, non della cocacola. C’è da esserne fieri, no?

3. Coinvolgiamo i bambini nelle attività di cucina (la cultura gastronomica), nell’apparecchiatura e nella pulizia. I bambini amano cucinare e imparano in fretta i comportamenti sicuri. Maneggiare il cibo permette loro di conoscerlo e apprezzarlo e infonde autostima. Le librerie e le biblioteche sono piene di manuali di cucina adatti ai bambini. Chi cercasse recensioni, può dare un’occhiata nella sezione libri del sito www.bambiniincucina.it.
Non dimentichiamo di essere sempre curiosi: andiamo alla scoperta del cibo e delle tradizioni gastronomiche quando siamo fuori casa, soprattutto in vacanza o nelle piccole gite fuori porta.

4. Prendiamoci la responsabilità delle scelte alimentari della famiglia e non compriamo quello che non vogliamo che i bambini mangino, evitando così di trasmettere messaggi contraddittori. A casa, il cibo scadente non è da demonizzare, è da snobbare. Fuori casa, alle feste e ai vari ritrovi scolastici e sportivi, i bambini mangeranno spesso qualche porcheria, ma se a casa ci sarà solo il meglio, il loro palato si abituerà a poco a poco alla qualità.
Ricordiamo che quello che il marketing ci propone come “cibo per bambini” è spesso quello meno amico della loro salute. Leggiamo le etichette: la verità si annida sempre nelle scritte più piccole.

5. Impariamo a sopportare le critiche. Chi mangia “junk” si lascia trasportare dalla corrente e si sente “buono” perché accontenta desideri e capricci. Ben più faticoso è nuotare controcorrente in un mondo dove è più facile mangiare male che mangiare bene, fare scelte diverse, dire di no, sentirsi impopolari e assaliti dai dubbi, rimboccarsi le maniche per cucinare. Chi sceglie di alimentare bene i propri bambini si sente spesso solo e diverso. E’ normale.

In conclusione, è evidente che se lasciamo che junk food e buon cibo si sfidino solo sul piano del sapore, il primo vince (tra nutella e insalata non c’è gara); ma se giochiamo tutti gli assi che il cibo migliore ha nella propria manica (attività pratiche in cucina, momenti di convivialità, osservazioni, letture, viaggi, piccole coltivazioni in casa ed esperienze di ogni tipo), allora il junk food perde. E vince la salute.

foto: © Jonf728